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Il presente è sostenibilità ambientale e sociale

Le conclusioni della seconda edizione de Il Convivio “L’Agricoltura nel 2023: biologica, biodinamica o…”, a Mura Mura

 “Fare rete e creare valore sostenibile” è il messaggio lanciato all’unisono durante la seconda edizione de Il Convivio, evento organizzato da Mura Mura dedicato quest’anno a “L’Agricoltura nel 2023: biologica, biodinamica o…”.

Il Convivio, fondato nel novembre del 2021 da Federico Grom e Guido Martinetti, amici fraterni e fondatori di Mura Mura – azienda di 30 ettari coltivati a vigneti e frutteti che sorge sulle colline al confine con le Langhe, è un luogo esclusivo di incontri di respiro internazionale, uno spazio dedicato al confronto dove la cultura genera cultura e dove fermarsi a riflettere e discutere su macro temi di attualità.

L’appuntamento di questo anno dedicato all’agricoltura ha visto alternarsi grandi ospiti di calibro internazionale sul palco allestito nella suggestiva sala di affinamento della cantina Mura Mura.

A moderare l’intero dibattito con sagacia e lucido realismo il padrone di casa Guido Martinetti, che fin dall’inizio ha posto l’accento sull’obiettivo della giornata, “aprire la mente, ascoltare più opinioni possibili e non cercare risposte ma porre domande sul tema della sostenibilità”, quest’ultima da sempre specchio mutevole del contesto storico vissuto.

Comprendere e discutere di un tema così complesso e ampio, alcune volte contraddittorio, come lo sono il mondo del biologico o della biodinamica, ha stimolato l’interesse del pubblico e gli interventi dei relatori che hanno restituito una visione molteplice e variopinta, ma da approcciare con “rigore e mentalità aperta”, parole suggerite dallo stesso Guido Martinetti.

Le soluzioni per fare bene sono quindi molteplici, ma quali processi adottare? Biologico, biodinamico, lotta integrata… o convenzionale? Quale scegliere?

Il dibattito è cominciato con i due brillanti interventi di Lydia e Claude Bourguignon, massimi esperti di microbiologia del suolo e fondatori del Laboratoire d’Analyses Microbiologiques des Sols, che grazie ai loro studi hanno illustrato quanto sia importante preservare e nutrire la biodiversità del sottosuolo, per ottenere un’espressione di terroir di grande qualità.

Con Christian Magliola di Valoritalia, è stata compiuta una grande disamina del complesso mondo delle certificazioni sostenibili, con lo scopo di comprenderne meglio le potenzialità ma anche i limiti: le certificazioni sono imprescindibili per garantire un certo grado di sostenibilità, ma quanto tempo è giusto dedicare ad esse?

Sorge quindi spontaneo un crescente bisogno di sostenibilità sociale, tema centrale dell’intervento di Giancarlo Gariglio di Slow Wine, che si è soffermato sull’essenza culturale del vino, spesso sottovalutata rispetto alla sua dimensione economica. La necessità è quella di allargare l’attenzione non solo alla sostenibilità ambientale ma soprattutto a quella sociale, educando e creando valore culturale. In che modo? Con la volontà di stringere collaborazioni virtuose e fare unione tra produttori, operatori e appassionati, con momenti di dialogo e apprendimento.

Con Francesco Minetti di Well Com si è riflettuto come la capacità di comunicare certi valori, ad esempio biologico o naturale, possa fare la differenza per un’azienda. In un esperimento da lui condotto assieme all’Università IULM e al Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Verona è emerso quanto il consumatore non dia un valore diverso al vino certificato come biologico rispetto a quello non certificato, e quindi definito genericamente “naturale”. Un dato sorprendente che, tra le molteplici osservazioni da fare, giustifica forse il motivo per cui molti produttori preferiscano comunicare il loro vino non come biologico bensì come naturale, senza avvalersi di certificazioni e risparmiando tempo e risorse economiche. È forse una direzione verso una sostenibilità più sociale? Come garantire quindi quella ambientale?

Sollevati questi interrogativi è stato il momento dei produttori del mondo del vino,  che hanno portato sul palco de Il Convivio il loro approccio e la loro esperienza sul campo: Giulio Bruni di Tenuta Tascante – Tasca d’Almerita, Alessandro Ceretto di Ceretto Winery, Bernard Zito di Zito e Pierre Larmandier di Larmandier Bernier si sono concentrati sui processi e le metodologie biologiche e biodinamiche in uso nelle proprie tenute, mentre Elisabetta Foradori di Foradori e Mateia Gravner di Gravner hanno esortato ad alzare lo sguardo dalla propria vigna e a concentrarsi sul mondo circostante, ricercando soluzioni per una viticoltura integrata all’ecosistema naturale.

Ha parlato invece di azienda multifunzionale Roberto Martini di Cor-nus, che non è un produttore di vino bensì un allevatore, apicoltore e produttore di formaggi. Con la sua attività in Liguria ha scelto di non aderire a nessun marchio, poichè crede che sia giusto trasmettere al consumatore la propria filosofia e personalità, libera dai vincoli delle certificazioni e definita dai limiti e dai valori etici e sostenibili che essi stessi si pongono quotidianamente.

A chiudere il pomeriggio di confronto l’intervento di Danilo Guerrini, Presidente Relais&Chateaux Italia e Maître de Maison di Borgo San Felice, che ha restituito al pubblico il punto di vista del mondo che si occupa di ospitalità sul tema della sostenibilità, rimarcando come il fare rete comune, dai produttori fino ai consumatori, sia la miglior via per perseguire la qualità e il rispetto dell’ambiente.

Esperienze, idee, aneddoti e riflessioni. Tanto è quanto emerso dalla seconda edizione de Il Convivio di Mura Mura. Sicuramente sono state confermate le premesse di Guido Martinetti espresse a inizio dibattito: c’è una forte necessità di porre le giuste domande a temi quali il Biologico e il Biodinamico, rifuggendo dalla ricerca di facili e ingannevoli certezze.

Oggi si assiste a una fase di esistenza mutevole e rapida dove questi temi sono ancora incerti, percepiti – ma non conosciuti realmente – dal grande pubblico, e quindi perfettibili.

All’esigenza di trovare una via improntata a una sostenibilità più solida si riscontra il sentimento comune di adoperare un approccio più umano e umanista: è necessario avere coraggio, di credere in ciò che si fa e in come lo si fa.

Perseguire la sostenibilità sociale è forse il primo passo per un presente ricco di valori e qualità, così come al momento sembrano non esistere processi e metodologie di gestione dell’agricoltura perfette, da perseguire pedissequamente. A meno che la scelta non sia valoriale, ma una mera azione di marketing, finalizzata alle vendite.

Avere un approccio fermo, rigoroso nel momento della scelta, alzare gli occhi e guardare in modo ampio e illuminato la natura come le persone, la società civile come le aziende, ci può forse portare “a riveder le stelle”.

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