LE TERAPIE DEL FUTURO PER I PAZIENTI FRAGILI SI BASANO SULLA DEPRESCRIZIONE.
L’aumento della fragilità, in particolare nel bambino e nell’adulto, è sempre di più un tema di urgente attualità ed è stato al centro della IV edizione del Symposium “Medicina dei Sistemi. Il paziente fragile tra overtreatment e deprescrizione”, tenutosi all’Università Statale di Milano. L’evento, patrocinato dallo stesso ateneo meneghino e dalla FNOMCeO – Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, ha ribadito la necessità di un approccio integrato, personalizzato e sistemico alla medicina, confermando l’urgenza di riformulare il paradigma di cura grazie alle più recenti evidenze. “Il concetto di paziente fragile oggi va oltre l’età anagrafica e impone un ripensamento del paradigma riduzionistico”, dichiara Alessandro Pizzoccaro, presidente di Guna
L’incremento della fragilità clinica, l’appropriatezza diagnostica e terapeutica, il riconoscimento del ruolo di interattoma ed exposoma (cioè dei fattori relazionali e ambientali) e, soprattutto, i rischi dell’overtreatment e la crescente necessità di un approccio di cura basato sulla deprescrizione e su un overlapping con la low dose medicine. Questi i temi centrali della quarta edizione del Symposium sulla Medicina dei Sistemi, svoltosi nella prestigiosa Sala Napoleonica dell’Università degli Studi di Milano che ha patrocinato il convegno insieme alla FNOMCeO – Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, realizzato con il sostegno non condizionante di Guna, azienda farmaceutica leader in Italia proprio nella low dose medicine. A guidare la riflessione, 16 ricercatori e docenti universitari di rilievo, tra cui professori ordinari di pediatria, farmacologia, psichiatria, psicobiologia e genetica medica che, nel loro ruolo di moderatori e speaker, hanno affrontato le sfide poste dal crescente fenomeno della fragilità: un concetto trasversale che riguarda non solo l’invecchiamento fisiologico, ma anche le nuove vulnerabilità indotte da fattori ambientali, stili di vita e carichi farmacologici eccessivi. A fare da elemento di raccordo per gli interventi degli esperti del mondo accademico e clinico, l’impegno per delineare nuovi modelli di gestione del paziente fragile, sia adulto che pediatrico. In particolare, nel corso della giornata, è stata ribadita l’importanza di un approccio integrato alla diagnosi e alla terapia. “Nel paziente fragile, la complessità clinica richiede una medicina realmente personalizzata, capace di integrare strumenti predittivi e approcci farmacologici mirati e tarati sulle reali esigenze della singola persona, che rappresenta un mondo a sé stante. È proprio questa la sfida che la Medicina dei Sistemi raccoglie e rilancia”, ha affermato Marco Del Prete, presidente di PRM Academy – International Academy of Physiological Regulating Medicine, intervenuto in apertura dei lavori.
Durante la sessione mattutina, si è parlato di interazioni farmacologiche nei pazienti politrattati con il prof. Emilio Clementi, professore ordinario di farmacologia e direttore del Dipartimento di Scienze biomediche ed etiche dell’Università degli Studi di Milano, della necessità di interventi precoci nei primi 1.000 giorni di vita del bambino, “fondamentali per gettare le basi di un corretto sviluppo psico-fisico”, con il prof. Massimo Agosti, professore ordinario di pediatria e direttore della clinica pediatrica dell’Ospedale “F. Del Ponte” dell’Università dell’Insubria, nonché presidente della Società Italiana di Neonatologia e dell’impatto del trattamento prolungato con psicofarmaci sulla salute cerebrale con il possibile aumento del rischio di contrarre la malattia di Alzheimer con il prof. Paolo Brambilla, professore ordinario di Psichiatria e direttore della Scuola di specializzazione in Psichiatria dell’Università degli Studi di Milano. Gli interventi hanno evidenziato quanto la vulnerabilità clinica possa derivare sia da carenze preventive che da un eccesso terapeutico non sempre appropriato. Un approccio di tipo socio-economico ha caratterizzato, invece, l’intervento del prof. Giorgio Lorenzo Colombo, del Centro di Economia del farmaco delle tecnologie sanitarie (CEFAT) del Dipartimento di Scienze del farmaco dell’Università degli Studi di Pavia, che ha posto l’accento sul legame tra aderenza terapeutica e sostenibilità economica. “I pazienti cronici in Lombardia sono il 30% della popolazione e impiegano il 70% della spesa sanitaria regionale – ha spiegato il professor Colombo – Al crescere delle patologie su un singolo paziente, l’incremento della spesa aumenta sensibilmente. In Italia la diagnosi della cronicità è di circa tre anni in ritardo rispetto alla media dei paesi avanzati. Monitoraggio e prevenzione sono fondamentali per un modello economico più sostenibile e per evitare quel loop terapeutico che porta a forti incrementi di costo”. La prof.ssa Simonetta Masieri, professore associato di Otorinolaringoiatria del Dipartimento di Scienze odontostomatologiche e maxillofacciali dell’Università Sapienza di Roma si è concentrata sui limiti delle attuali opzioni farmacologiche nella gestione della rinosinusite cronica, invitando alla ricerca di soluzioni sartoriali e a misura di paziente.
Nel pomeriggio, poi, l’attenzione si è spostata sulla prevenzione delle infezioni respiratorie ricorrenti in età pediatrica con il Prof. Gianluigi Marseglia, professore ordinario di Pediatria e direttore della Clinica pediatrica dell’Università degli Studi di Pavia e sull’abuso di antibiotici e l’antibiotico-resistenza in età infantile, illustrato dalla dott.ssa Laura Folgori, del Dipartimento di Pediatria dell’Ospedale dei bambini “V. Buzzi” di Milano. “I bambini da due a sei anni – ha spiegato la dottoressa Folgori – sono i maggiori consumatori di antibiotici, che però sono pochi: sprecando quelli disponibili già in tenera età significa non avere più ‘armi’ a disposizione quando i pazienti saranno diventati adulti, poiché il loro abuso contribuisce al rafforzamento dell’antibiotico-resistenza. Serve un’educazione capillare, sia tra i medici che tra i genitori”. Il prof. Angelo Gemignani, professore ordinario di Psicobiologia e Psicologia fisiologica dell’Università degli Studi di Pisa ha, poi, approfondito il ruolo dell’ansia nel paziente fragile proponendo una riduzione del ricorso a benzodiazepine, combinato con l’adozione di farmacoterapia low dose e percorsi psicoterapeutici di accompagnamento, mentre il Prof. Annibale Alessandro Puca, professore ordinario di Genetica medica dell’Università di Salerno ha mostrato, infine, come lo studio dei “geni della longevità” possa aprire nuove prospettive terapeutiche nell’invecchiamento.
Il Symposium ha registrato una corposa partecipazione anche da parte del pubblico che ha avuto modo di seguirlo in diretta streaming, confermando l’interesse crescente per un nuovo modo di fare medicina: integrato, sistemico, personalizzato. Una sfida necessaria per rispondere con efficacia e umanità alle esigenze del paziente fragile di oggi e di domani.
“La Medicina dei Sistemi permette di guardare al paziente fragile (un concetto che oggi va oltre l’età anagrafica) con un approccio globale, che consideri anche l’ambiente e il contesto in cui vive e con il quale interagisce. Nessuno di noi è un atomo scollegato dalla realtà circostante e ogni moderno approccio terapeutico dovrebbe considerarlo. Si impone un ripensamento del paradigma riduzionistico. La Medicina dei Sistemi, in particolare, ha una visione dell’essere umano come un “unicum”, formato da corpo, mente, spirito ed emozioni, le cui componenti garantiscono la salute solo se permangono in equilibrio dinamico. Si tratta della visione che ha ispirato fin dal principio, ormai 40 anni fa, l’operato di Guna e che oggi è sempre più affermata nella comunità scientifica. Se continuiamo a sostenere questo appuntamento, che cresce anno dopo anno, è perché vogliamo contribuire a costruire un ponte per il futuro”, ha sottolineato Alessandro Pizzoccaro, fondatore e presidente di Guna.
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