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Export cibo italiano, le basi per crescere ci sono

Con le esportazioni agroalimentari italiane che per la prima volta nella storia recente superano le importazioni, ci sono le condizioni per far crescere il Made in Italy e ridurre la dipendenza dall’estero, da dove arriva ancora un prodotto agroalimentare su quattro consumato sulle tavole degli italiani. E’ quanto emerge dall’analisi di Coldiretti su dati Istat in occasione del Summit di Coldiretti con il Governo “Recovery ‘Food’, l’Italia riparte dal cibo” organizzato con Filiera Italia a Palazzo Rospigliosi a Roma.

Le esportazioni agroalimentari nel 2020 hanno raggiunto il valore record di 46,1 miliardi di euro, con un aumento dell’1,7% rispetto all’anno precedente. Questo ha consentito lo storico sorpasso sulle importazioni, scese invece a 43 miliardi.

Export cibo: summit Coldiretti con il GovernoExport cibo: i dati bresciani

Il settore legato alla trasformazione di gran parte del latte bresciano – Grana Padano e Provolone – conferma il trend. “Guardiamo con ottimismo il futuro legato all’export delle nostre DOP – precisa Valter Giacomelli, giunta Coldiretti Brescia e presidente Gardalatte –. Gli ultimi dati relativi al 2020 registrano un ­­+3,4% di Grana Padano esportato (oltre  2 milioni di forme complessive), mentre il Provolone si consolida sul +0,5%”.

Una svolta che offre grandi opportunità al Made in Italy, dopo i decenni di sottovalutazione e il deficit produttivo di autoapprovvigionamento pari al 25% dei consumi a tavola. Un trend che comprende tante filiere, dalla carne al latte fino ai cereali, con le uniche eccezioni di frutta, carni avicole vino. Proprio di vino ci parla Luca Formentini titolare dell’azienda agricola Selva Capuzza di Desenzano del Garda e produttore di Lugana. “Marzo 2021 si è rivelato in netta ripresa rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e ai primi mesi del 2021. Siamo in una situazione ancora difficile, ma le perdite si stanno riducendo: il mercato si sta riprendendo, sia sul fronte interno sia nell’export. Siamo legati a una clientela storica, il nostro zoccolo duro, ma abbiamo anche sviluppato una maggiore presenza sui mercati esteri,  sia europei sia extraeuropei, come Australia, Giappone e Stati Uniti”. “Non sprechiamo questa crisi” è in sintesi il messaggio di Luca, che condivide e plaude la strategia e di Coldiretti, che guarda al futuro e alla ripartenza proprio partendo dal cibo.

“L’Italia conta su un tesoro da primato mondiale, ma per difendere la sovranità alimentare e ridurre la dipendenza dall’estero deve considerare il settore agroalimentare come vera e propria risorsa strategica al pari di telecomunicazioni ed energia”, afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’importanza di “tagliare la burocrazia che frena le imprese e di investire su progetti di ampio respiro in grado di mettere le ali al Paese fuori dall’emergenza Covid”.

Silvano Brescianini, vicepresidente Coldiretti Brescia e imprenditore vitivinicolo della Franciacorta, vede nell’eccessiva burocrazia una delle principali difficoltà della ripartenza del settore vino. “La preoccupazione è ancora grande, ma speriamo di poter ripartire bene quest’estate. Il calo di fatturato nei primi mesi dell’anno si attesta ancora attorno al 30% nonostante segnali positivi arrivino dal mercato degli Stati Uniti. Peccato per le chiusure dei mercati europei, come Francia e Germania, dove la situazione resta difficile. Le aziende sono in sofferenza e i ristori non sono sufficientemente efficaci, anche per la troppa burocrazia che ancora rende difficile la quotidianità delle imprese agricole”.

Anche il settore della IV gamma, che tra Brescia e Bergamo rappresenta il 75% del valore nazionale che si aggira attorno ai 900 milioni di euro, ha sofferto a causa della pandemia con la chiusura del canale Ho.Re.Ca. e la diminuzione del consumo di piatti e insalate pronte. “Il settore sta lavorando intensamente per uscire da questa crisi –  interviene Felice Poli, presidente dell’organizzazione di produttori Sole e Rugiada e socio di Coldiretti Brescia -, ma sarà difficile raggiungere i numeri di prima. In questa prospettiva, l’export rappresenta un’importante leva di crescita, pur nelle distinzioni legate al tipo di merce”.

I prodotti di quarta gamma – precisa Coldiretti Brescia su indicazioni fornite da Felice Poli –  appartengono infatti alla categoria del fresco/freschissimo, con un ciclo di vita di 5-7 giorni che ne rende più difficile l’attività di export, ma ci stiamo attrezzando per ottimizzare queste operazioni. Il mondo del trasformato, ovvero zuppe o preparati, richiede invece una gestione meno complessa, le esportazioni coprono circa il 40% della produzione. Interessante anche l’evoluzione della materia prima destinata alla quarta gamma, un prodotto non bagnato e più resistente che forniamo tutto l’anno prevalentemente nel Nord Europa, che apprezza questa proposta made in Italy di qualità. “Per il futuro – conclude Felice Poli –  grazie alle nuove tecnologie di raccolta, lavaggio e confezionamento, si prevede una maggiore presenza all’estero, che consentirà al settore di “stare sul mercato” e combattere i problemi legati alla concorrenza e alla delocalizzazione”.

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