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A Sanremo vince il ritmo “quasi” sudamericano pronto per l’estate, l’italico buonismo familiare e la censura ai giovani artisti

La maratona, il circo mediatico e la kermesse del Festival di Sanremo, partiti a dicembre come organizzazione complessiva, sono arrivate al termine con le solite polemiche legate non tanto alla musica ma al contesto più in generale.

Delle serate sanremesi restano impressi diversi eventi significativi: dal comportamento irriverente del pubblico sanremese e della sala stampa, verso Geolier, il rapper che ha cantato nella sua lingua, il napoletano (votato dal 60% del televoto, quindi a pagamento da parte del pubblico televisivo), fischiato nella serata delle cover, e la censura ai messaggi sociali dei giovani artisti che si esprimono a favore della pace e che si staccano dalle solite canzonette ballabili o la provenienza dal solito talent della tv commerciale.

Dopo 10 anni dalla vittoria di una donna, Arisa, al primo e terzo posto troviamo due ex concorrenti di Amici, di Maria De Filippi: Angelina Mango, che vince anche il premio della sala stampa Lucio Dalla, cantando la cumbia della “Noia” (sul ritmo che non è una cumbia e neanche “italiano”) e omaggia il padre Pino Mango (scomparso 10 anni fa e ricordato solo quest’anno come una grande star), portando da sola e non in duetto, una sua canzone (Rondine), strappando lacrime e consensi unanimi, e Annalisa, sempre attenta al lancio del tormentone estivo…

Forse il pubblico e la stampa sanremese rappresentano la parte viva (o morta) di una casta, quella dei “ricchi” (come dice Fiorello passando attraverso la platea dell’Ariston) e dei “boomers” ignoranti musicali, che non conoscono i gusti dei giovani e i rapper, specialmente quelli napoletani, (come il contestatissimo Geolier, campione di streaming e dei social) tra l’altro amatissimi più a Milano che a Napoli, a meno che non abbiano figli diciottenni, come la sottoscritta, che per forza di cose, li conosce tutti…

Amadeus come Direttore artistico e Fiorello, hanno avuto il merito, nei 5 anni di responsabilità e conduzione, di svecchiare il Festival, a volte forse antico e forse non ancora pronto ai cambiamenti della nuova canzone italiana autoriale e di portare i giovani, che si sono “mischiati” con le star del passato, portando freschezza e anche voglia di omaggiare la “famiglia” e i sentimenti (anche troppo). Gli impareggiabili conduttori di successo, hanno portato lo spettacolo e la musica a tutto il pubblico possibile, senza differenze tra passato e presente e hanno dimostrato di conoscere a fondo lo spirito della kermesse sanremese che cambia, come la società. Sarà quindi molto difficile trovare un successore che possa eguagliare questo successo, dell’84 % di share, con 15 milioni di tele e social spettatori

Ormai la musica non si compra più con i dischi, si va sulle piattaforme come Spotify (che molti giornalisti manco sanno cosa sia), si guarda e si sente sui social, non certo in tv

Per parlare di alcuni cantanti, mi viene in mente subito Loredana Bertè, con la sua partecipazione post festival, alla vetrina di “Domenica In – Speciale Sanremo”, da Mara Venier. La Bertè, che tira fuori le unghie nascoste per una settimana, è arrabbiatissima, per essere da sempre considerata la “vincitrice morale” e mai effettiva del Festival. Certo ha vinto l’ambito Premio della critica, dedicato a sua sorella Mia Martini, con il suo pezzo autorefenziale, “Pazza”, ma non è contentissima. La perenne beatificazione della Bertè, da parte di pubblico e stampa, che ha portato al Festival di Sanremo l’egocentrismo più fastidioso, (anche con l’esibizione in solitaria nella serata dei duetti, con il chitarrista e cantante Venerus, al quale non ha fatto cantare una nota), è emblematica come la ricerca spasmodica di vincere a tutti i costi. Questa è la sua considerazione del perchè volesse vincere: “Volevo andare in Svezia per rompere le scatole al re Gustavo di Svezia e al mio ex marito Bijon Borg”, mostrandosi nella settimana sanremense molto dolce, alla ricerca di consenso dalla stampa ma che poi rivela l’altra faccia aggressiva, della medaglia…

Fiorella Mannoia racconta con il suo brano Mariposa, stile ballata alla De Andrè, tutte le donne, che si riconoscono e non fa un’autobiografia vince “solo” il premio Sergio Bardotti per il testo, quando avrebbe meritato una posizione più alta nella classifica finale e non la 14esima.

Alfa, giovanissimo studente di Liceo Classico, ha fatto una commovente performance, nella serata delle cover, con Roberto Vecchioni, cantando “Sogna, ragazzo sogna”, e dichiara: “C’è tanto egocentrismo, bisogna riappropriarsi della positività, dopo la pandemia”. E la loro esibizione ci porta lontano nel tempo ma, nello stesso tempo, nel futuro, con il Professore Vecchioni che prende sottobraccio e accompagna, un artista del futuro verso la bellezza della solidarietà e comprensione delle nuove generazioni di artisti.

Contrariamente a quello che si pensa, i giovani artisti sono, da una parte legate alla spensieratezza dei testi ma anche molto attenti ai temi sociali e sanno benissimo che la musica può veicolare messaggi e contenuti, con la giusta sensibilità. E’ il caso di Ghali, Mahmood o Dargen D’Amico, che hanno affrontato temi sociali e attuali come la guerra o l’immigrazione, l’integrazione e l’accoglienza, con la giusta leggerezza della poesia, e nello stresso tempo, con riflessione. Ghali, addirittura, dopo aver detto sul palco dell’Ariston: “Stop al genocidio”, e raccontato la sua posizione di solidarietà ai bambini palestinesi della striscia di Gaza che vengono uccisi ogni giorno, è stato al centro delle polemiche, ricevendo il monito nientemeno che dall’Ambasciatore di Israele in Italia e, a Domenica In, Mara Venier, si è assolutamente dissociata e ha letto il comunicato giunto dall’AD della Rai, Roberto Sergio, con la solidarietà a Israele.

Gli Amarello, Amadeus e Fiorello, chiudono i battenti del “loro” sanremo, consapevoli della straordinarietà di questi cinque anni, che nel bene e nel male, hanno rispecchiato la società italiana in ogni angolo della cittadina, come in ogni angolo del nostro Paese o del mondo, dove il Festival, non è mai solo canzonette ma tutto l’indotto anche commerciale…

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