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I PROTAGONISTI DE “L’ULTIMO GRAN BALLO DELLA ROMA PONTIFICIA”

Un grande affresco storico, culturale e sociale dell’élite della seconda metà dell’Ottocento

Andrea Cotticelli nel suo libro “L’ultimo gran ballo della Roma Pontifica. Ritratti e Storie familiari della Nobiltà dell’Ottocento”, edito da Palombi Editori, narra le storie personali e familiari di venti tra i maggiori esponenti della Nobiltà Romana, divisa al suo interno tra la Nera fedele al Papato e la Bianca favorevole a Casa Savoia, che parteciparono con i loro costumi al Ballo Borghese del 1866, apice del lusso e del potere romano ma allo stesso tempo canto del cigno della Roma Pontificia.

Partendo dai padroni di casa, i Principi Borghese, l’autore ne racconta le passioni politiche, gli amori, gli interessi economici e culturali, senza tralasciare la storia plurisecolare delle loro casate.

Tra i protagonisti del Ballo Borghese appartenenti alla Nobiltà Nera figurano i seguenti esponenti:

Il Principe Paolo Borghese (1845-1920), Principe di Sulmona, in costume da Paggio. Discendente di Papa Paolo V, di bell’aspetto e con fama di farfallone, si innamorò proprio al Ballo della sua futura sposa, l’ungherese Contessa Elena Apponyi de Nagy-Appony. Dal padre ereditò il grosso della fortuna dei Borghese, stimata 40 milioni di Lire, che dilapidò in sconsiderate attività finanziarie durante la febbre edilizia romana di fine ‘800. Per far fronte ai suoi debiti fu costretto a vendere allo Stato Italiano la Villa Borghese di Roma con all’interno l’inestimabile Collezione Borghese di opere d’arte che era stata per secoli vanto e gloria della famiglia.

Il Principe Pietro Aldobrandini (1845-1885), Principe di Sarsina, in costume da Re Francesco I di Francia. Fervente cattolico e con un carattere di ferro, militò nell’Esercito Pontificio e prese parte alla Battaglia di Mentana, mettendo a disposizione la sua dimora per la cura dei feriti di ambo gli schieramenti. Fedele al Papato, fu Presidente della Società Primaria per gli Interessi Cattolici. Amante dell’arte e del bello, a lui la famiglia deve l’acquisto e il restauro della Villa Sarsina di Anzio.

La Principessa Francesca Aldobrandini nata Contessa de La Rochefoucauld (1844-1921), Principessa di Sarsina, in costume da Regina Claudia di Francia. Appartenente a una delle più illustri e antiche famiglie nobili di Francia protagonista della storia d’Oltralpe, consorte del Principe Pietro Aldobrandini, era una donna profondamente rispettata per le sue virtù. Si prodigò nel corso della sua vita in opere pie e caritatevoli in favore dei più bisognosi, finanziando asili, scuole e sanatori.

Il Principe Filippo Massimo Lancellotti (1843-1915), Principe di Lauro e di Marzano, in costume da Figaro. Figlio cadetto del Principe Massimo ebbe la fortuna di essere adottato da sua zia Giuseppina Lancellotti, che per evitare l’estinzione dei Lancellotti stessi gli trasferì in eredità il nome della casata, i titoli e i beni. Da cattolico intransigente militò nell’Esercito Pontificio e a sostegno della causa del Papa fondò il quotidiano La Voce della Verità, la cui linea editoriale era contraria a qualsiasi riconciliazione tra Stato Italiano e Santa Sede. Amante dell’arte, egli legò il suo nome all’immane opera di restauro del Castello Lancellotti di Lauro.

La Principessa Giulia Orsini nata Contessa Hoyos (1847-1909), Principessa di Roccagorga, in costume da Caterina Cornaro Regina di Cipro. Appartenente a una delle più illustri e ricche famiglie nobili d’Austria, era la bellissima moglie di Filippo Orsini Principe Assistente al Soglio Pontificio. Trascurata da Filippo, che alla vita coniugale preferiva l’archeologia e dedicava tempo e denaro al recupero di due navi imperiali romane da lui rinvenute sul fondo del Lago di Nemi, chiese e ottenne la separazione legale.

La Principessa Teresa Barberini nata Principessa Orsini (1835-1915), Principessa di Palestrina, in costume da Lucrezia Barberini. Moglie del Principe Enrico Barberini, era una donna pia e semplice nei gusti. Non riuscendo a dare un erede a suo marito ogni giorno frequentava chiese, basiliche e santuari di Roma pronunciando voti per avere la grazia. Dopo diciannove anni di matrimonio finalmente ebbe una bambina, alla quale fu dato il nome di Maria in onore della Vergine che aveva accolto le sue preghiere, ma che il popolo romano, ben conoscendo il calvario attraversato da Teresa, chiamava la “figlia del miracolo”.

La Marchesa Beatrice Sacchetti nata Principessa Orsini (1837-1902), Marchesa di Castel Romano, in costume da Popolana Romana. Donna colta e raffinata, moglie del Marchese Urbano Sacchetti Foriere Maggiore dei Sacri Palazzi Apostolici, era il vero modello di Nobildonna costantemente impegnata nel mantenere inalterate le tradizioni del Patriziato Romano. Fiera sostenitrice del Papato, per le sue iniziative in favore della causa del Papa le fu riconosciuto dall’aristocrazia e dalla Corte Pontificia l’indiscusso ruolo di “Regina Nera”, ovvero quello di essere la Dama più influente della Nobiltà Nera di Roma.

Il Marchese Alfonso Theodoli (1845-1910), Marchese di San Vito e Pisoniano, in costume da Capitano d’armi del ‘600. Educato alla massima fedeltà al Papa-Re, aderì con tenacia alla protesta della Nobiltà Nera contro gli usurpatori di Roma chiudendo in segno di lutto il portone principale di Palazzo Theodoli in Via del Corso. Per rinvigorire le finanze familiari sposò la ricca ereditiera americana Lily Conrad, appartenente a una rispettabile famiglia di editori di Philadelphia, che a Roma si affermò come scrittrice.

Il Marchese Girolamo Theodoli (1846-1926), Marchese di Sambuci, in costume da Re Carlo IX di Francia. Figlio cadetto, fu Sottotenente dell’Esercito Pontificio e prese parte sia alla Battaglia di Mentana che alla difesa di Roma del 20 settembre 1870 contro l’Esercito Italiano. Venne fatto prigioniero e tradotto nella Cittadella di Alessandria. Liberato, rimase per sempre legato al giuramento di fedeltà fatto al Papa-Re e rifiutò con fermezza la proposta del Re d’Italia di diventare suo Aiutante di Campo.

Il Marchese Giovanni Patrizi Naro Montoro (1823-1891), Marchese di Paganico, in costume da Gentiluomo del ‘600. Egli ricopriva presso la Corte Pontificia la carica ereditaria di Vessillifero di Santa Romana Chiesa. Fedele al Papato e ostile a Casa Savoia, alla morte di Re Vittorio Emanuele II decise di non mettere più piede all’interno del Pantheon né di passare per Piazza della Rotonda per raggiungere il suo Palazzo, malgrado quella fosse la via più breve, per evitare di dover rendere omaggio alla tomba del Re d’Italia.

Tra i protagonisti del Ballo Borghese appartenenti alla Nobiltà Bianca figurano i seguenti esponenti:

Il Principe Marcantonio Colonna (1844-1912), Duca di Marino, in costume da Stefano Colonna. Liberale, fu il primo nobile romano dopo la Breccia di Porta Pia ad accettare presso il Quirinale la nomina a Gentiluomo di Corte, ma alla morte di suo padre si dimise per andare a ricoprire in Vaticano la carica di Principe Assistente al Soglio Pontificio. Egli rivestì quindi un ruolo di raffinato mediatore tra la Corte Sabauda e la Corte Pontificia. In ambito familiare Marcantonio dovette far fronte all’adulterio finito in tragedia di sua moglie Teresa Caracciolo di San Teodoro, che procurò un tale scandalo a Roma da costringerlo a separarsi legalmente da lei, in quanto il giovane Marchese del Gallo di Roccagiovine, amante di lei, si era suicidato.

Il Principe Fabrizio Colonna (1848-1923), Principe di Avella, in costume da Scudiero. Figlio cadetto, si schierò con Casa Savoia e militò nell’Esercito Italiano con il grado di Ufficiale di Cavalleria. Da patriota, il 20 settembre 1870 entrò a Roma con la divisa italiana, ma tale gesto fu considerato dalla Corte Pontificia un “sacrilego affronto” nei confronti del Papa-Re e per questo a Fabrizio furono per sempre sbarrate le porte del Vaticano. Al contrario il Quirinale gli spalancò le sue nominandolo Aiutante di Campo del Duca d’Aosta. Infine intraprese la carriera politica venendo prima eletto Deputato con la Destra e poi ottenendo la nomina a Senatore del Regno d’Italia.

La Duchessa Vittoria Sforza Cesarini nata Principessa Colonna (1846-1932), Principessa di Genzano e Marchesa di Civitanova, in costume da Vittoria Colonna. Donna affascinante, di una bellezza particolare e dal carattere cordiale, espansivo e gioviale, fu Dama di Corte della Regina Margherita di Savoia. In tale ruolo Vittoria sostenne anche la carriera politica di suo marito il Duca Francesco Sforza Cesarini, uno dei maggiori esponenti della Nobiltà Bianca, che fu prima eletto Deputato con la Destra e poi ottenne la nomina a Senatore del Regno d’Italia.

La Marchesa Rosa Lavaggi nata Contessa Marescalchi (1836-1899), Marchesa di Montebello, in costume da Soubrette. Donna bella e ambiziosa ma dal carattere esuberante e difficile, si attirò negli anni numerose antipatie tra le severe e invidiose nobildonne romane. Fu Dama di Palazzo della Regina Margherita di Savoia, con la quale strinse una profonda amicizia, tanto che le due si davano reciprocamente del “tu”. La brillante vita mondana di Rosa costò però cara a suo marito il Marchese Ignazio Lavaggi che per lei diede fondo a gran parte del suo patrimonio.

Il Principe Ladislao Odescalchi (1846-1922), Signore di Palo, in costume da Ussaro. Bello e intraprendente, si rese protagonista al Ballo di uno sconsiderato brindisi all’abolizione del maggiorascato, che impediva ai figli cadetti come lui di ereditare il patrimonio familiare. Considerato questo un atto di ribellione alle leggi pontificie, venne mandato in esilio dal governo del Papa-Re. Tornato a Roma, divenuta capitale d’Italia, si dedicò a creare la Collezione Odescalchi di armi antiche, una delle più importanti d’Europa. Ma Il nome di Ladislao è passato alla storia per essere stato il fondatore di Ladispoli ovvero la Città di Ladislao, situata sul litorale laziale.

Il Principe Guido Orazio di Carpegna Falconieri Gabrielli (1840-1919), Conte di Carpegna, in costume da Guido di Carpegna. Poeta di idee liberali, fece parte del Cenacolo dei Poeti della Scuola Romana e fu autore di diverse poesie che inneggiavano alla causa italiana. Fu esiliato da Roma, ma quando questa divenne la capitale d’Italia venne nominato Commissario Provvisorio con funzioni di Sindaco. Per tre legislature fu eletto Deputato della Destra per poi essere nominato Senatore del Regno d’Italia. Infine, si cimentò anche in campo industriale creando lo Zuccherificio di Rieti, ma tale iniziativa si rivelò fallimentare e gli costò gran parte del suo patrimonio.

Il Conte Carlo Lovatelli (1843-1892), Patrizio di Ravenna e Rimini, in costume da Spadaccino. Fautore dell’Unità d’Italia, al Ballo si rese protagonista di un brindisi al Re d’Italia e all’emancipazione della Patria, che gli costò l’esilio da Roma. In Austria sposò la ricca Contessa Gabriella Ugarte che gli portò in dote la vasta tenuta di Jevišovice in Moravia, dove Carlo fece costruire il Nuovo Castello di Jevišovice su modello del Castello di Windsor. Amante della vita mondana e assiduo frequentatore del jet set internazionale dilapidò gran parte del suo patrimonio familiare.

La Principessa Maria Carolina Pallavicini nata Principessa Boncompagni Ludovisi (1834-1910), Principessa di Gallicano, in costume da Regina di Fiori. Altera Dama strettamente selettiva nelle sue frequentazioni fu una delle indiscusse protagoniste della mondanità romana della seconda metà dell’Ottocento, che conosceva bene l’arte del ricevere e del conversare. Accoglieva la migliore élite romana nel suo ricercato e rinomato salotto di Palazzo Pallavicini Rospigliosi. Fu la più intima Dama di Corte della Regina Margherita di Savoia e in tale ruolo favorì la carriera del marito il Principe Francesco Pallavicini che fu prima Sindaco di Roma e poi Senatore del Regno d’Italia.

Il Conte Filippo Savorgnan di Brazzà (1842-1925), Signore di Brazzà e Cergneu, in costume da Albrecht von Wallenstein. Nobile romano di origine friulana, gentiluomo di antico stampo e dalla figura austera, di idee liberali, divenne un affermato botanico di fama internazionale e legò il suo nome a due nuove specie floreali di viola: la Viola di Udine e la Conte di Brazzà, che realizzò e coltivò nelle serre delle sue tenute di Brazzacco e di Soleschiano in Friuli. Oltre alla botanica, Filippo si interessò alla vita politica e divenne Senatore del Regno d’Italia.

La Contessa Guendalina Cavazzi della Somaglia nata Principessa Doria Pamphilj Landi (1846-1922), Contessa della Somaglia, in costume da Musa della Musica. Discendente di Papa Innocenzo X, era una donna dalla grazia innata ma dal carattere superbo. Sposò il milanese Conte Gian Luca Cavazzi della Somaglia, che fu Senatore del Regno d’Italia e Presidente della Croce Rossa Italiana. Dama di Palazzo della Regina Margherita di Savoia, Guendalina sopravvisse sia al marito che al figlio assistendo così all’estinzione dei Cavazzi della Somaglia.

Oltre ai venti protagonisti e alle loro casate, Andrea Cotticelli nel suo libro da ampio rilievo anche alle famiglie imparentate con la Nobiltà Romana appartenenti al gotha internazionale e al jet set americano, tra le quali emergono: le francesi de La Rochefoucauld, Thomas de Pange e Cuillier-Perron; le austro-ungariche Hoyos, Apponyi de Nagi-Appony, Ugarte, Branicki, Esterházy, Zichy von Zich und Vásonkeö, Baltazzi e Holinski; le inglesi Talbot, Lock e de Grey; la belga d’Arenberg e le americane Conrad e Slocomb.

Con la Breccia di Porta Pia e l’arrivo dei Savoia a Roma, divenuta la capitale del Regno d’Italia, molti dei protagonisti del Ballo Borghese descritti da Andrea Cotticelli nel suo libro, non avrebbero più avuto occasione di riunirsi in simili eventi, perché la Nobiltà Nera, per protesta contro gli usurpatori sabaudi e per incrollabile fedeltà al Papa “prigioniero” in Vaticano, si estraniò completamente dalla vita pubblica italiana, mentre la Nobiltà Bianca vi prese parta attiva. E così il Ballo Borghese del 1866 che riunì tutta la Nobiltà Romana resta un grande affresco storico, culturale e sociale dell’élite della seconda metà dell’Ottocento.

Andrea Cotticelli, L’ultimo gran ballo della Roma Pontificia. Ritratti e Storie Familiari della Nobiltà dell’Ottocento, Palombi Editori, Roma, 2023. Prefazione di Irene Fosi. Con il Patrocinio di: Istituto Nazionale di Studi Romani, Società Tarquiniense d’Arte e Storia, Corpo della Nobiltà Italiana, Collegio Araldico, Libro d’Oro srl.

 

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